Un crimine del capitalismo e dello stato

Gli eventi cui stiamo assistendo negli ultimi giorni in Attica sono davvero scioccanti e provocano dolore e rabbia a tutte le persone. Gli incendi scoppiati in molti luoghi diversi hanno lasciato dietro di sé una carneficina di morti, e migliaia di ettari di foresta bruciati, hanno abbattuto intere aree e insediamenti rendendo incommensurabile il costo totale della devastazione ambientale e sociale.

Anche rappresentanti dello Stato e media hanno, fin dal primo momento, parlato di una “tragedia nazionale”, e di una “minaccia asimmetrica” ​​orientata a destabilizzare la vita politica e sociale, trasformando, al contempo, questa tragedia in un campo di giustapposizioni politiche minime tra governo e opposizione, basate su questioni manageriali. Ma, proprio come nel caso delle inondazioni distruttive di Mandra e, dieci anni prima, negli incendi micidiali di Elia e Eubea, le lacrime di coccodrillo non possono, in alcun caso, coprire le responsabilità criminali del meccanismo statale e il suo ruolo antisociale.

Lo Stato, per molti decenni, ha distrutto ogni forma di auto-organizzazione sociale, sostituendola con la sua incapacità, debolezza, e persino riluttanza a confrontarsi con le conseguenze di tanta devastazione, lasciando la società indifesa di fronte alle sue aspre ripercussioni. Nello stesso arco di tempo, si è assistito ad una progressiva diminuzione dei fondi destinati ad opere di interesse sociale (prevenzione antincendio, prevenzione delle inondazioni, adeguamento antisismico) e ad uno sperpero di denaro destinato all’equipaggiamento militare, che possono essere definiti solo come scandalosi, specialmente in un paese già tante volte colpito da questo tipo di catastrofi che di “naturale” hanno ben poco.

Questi tragici eventi che investono il mondo naturale e la società, che ci scioccano e ci riempiono di rabbia e dolore non sono, infatti, sfortunati incidenti, o “anomalie” del sistema. Sono piuttosto inevitabili e sempre più frequenti conseguenze del sistema vigente, e di politiche mirate a tutelare solo gli interessi di grandi e piccoli gruppi di potere che lo supportano e operano al suo interno.

Più specificamente, a causa della continua espansione di Atene, promossa dalle politiche centrali e locali, l’area dell’Attica occidentale è stata, per oltre trent’anni, teatro di un implacabile sfruttamento speculativo, divenendo ambiente residenziale privilegiato per le classi medio-alte, e territorio redditizio per lo sviluppo dell’industria turistica; insomma, una sorta di “Eldorado” del capitale immobiliare e commerciale.

Le centinaia di incendi divampati, negli ultimi decenni, nei territori di Penteli e Ymittos, ai piedi delle montagne e nelle aree costiere adiacenti, trasformando enormi foreste in un nulla, hanno tutelato esattamente questi interessi e reso possibile la realizzazione di questi obiettivi: radere al suolo intere aree di foresta e zone abitate per trasformarle in aree di “sviluppo”, ovvero, in fonti di profitto per tutti i tipi di imprenditorialità e includerle gradualmente nella pianificazione urbana. In tale contesto, la possibilità che eventi tragici come quelli di lunedì 23 luglio 2018 si verifichino ancora, in futuro, è obiettivamente molto alta. Questo fuoco micidiale non era, per dirlo in parole chiare, nient’altro che l’effetto di uno delle centinaia di incendi dolosi sviluppati nell’area, che questa volta è sfuggito al controllo, estendendosi in un’area boschiva densamente popolata.

È importante notare che l’incendio, nonostante un significativo tasso di incremento dovuto al forte vento dell’ovest che ha soffiato nella zona, non si presentava affatto, in realtà, come una “minaccia asimmetrica”, ​​come il primo ministro senza vergogna ha dichiarato, al fine di giustificare le dimensioni della tragedia umana, imitando la ridicola dichiarazione di Polydora che, in occasione dei roghi del 2007, aveva parlato di “un vento generale”. La direzione del vento era stabile e quella degli incendi era prevedibile, l’area interessata era tutto sommato limitata.

L’incendio è iniziato ai piedi del comune di Penteli, un’area di bassa vegetazione che aveva già subito analogo destino in un recente passato, si è poi esteso ad est in un’area boschiva, bruciando la maggior parte dell’insediamento di
Neos Voutzas, lasciando dietro di sé morti, e proseguendo, in una area fitta di vegetazione, verso Mati e la spiaggia.

L’unico firewall in cui i mezzi di terra della lotta antincendio avrebbero potuto intervenire per fermare l’avanzata del fuoco è la Marathonas Avenue. Era sicuro, fin dal primo momento, che se, a causa della debolezza del servizio antincendio statale o di condizioni meteorologiche estreme, l’incendio non fosse stato fermato a Marathonas Avenue, allora il rogo si sarebbe esteso a tutta l’area boschiva successiva, minacciando migliaia di vite umane. Ecco perché è inconcepibile il fatto che, sebbene fin dal primo pomeriggio fosse noto alle cellule dello stato che il fuoco si stava sviluppando nelle aree abitate, le cellule di stato non abbiano fatto alcun tentativo di evacuare l’insediamento di Mati, o di informare i suoi residenti, anche all’ultimo momento, su cosa sarebbe successo. Inoltre, non è stato fatto alcun tentativo di immediata mobilitazione del trasporto d’acqua necessario per soccorrere centinaia di persone che si erano spinte in mare per sfuggire all’incendio. Questo tipo di soccorso è partito solo alcune ore dopo, quando molte persone avevano già perso la vita.

Vari fattori locali (la mancanza di una pianificazione antincendio, ovvero, di efficaci sistemi di prevenzione, informazione, evacuazione e salvataggio, la cattiva gestione della circolazione, la mancanza di una protezione forestale) hanno poi aggravato la tragedia.

Questi fatti dimostrano l’incapacità e l’irresponsabilità degli organi istituzionali nazionali e locali, e la copertura criminale che essi forniscono ai piccoli o grandi interessi privati dei potentati regionali, nazionali, internazionali, ​​e il loro diretto coinvolgimento in tali interessi privati. Tutti i piani di “emergenza” falliti, tutta l’incapacità mostrata dagli addetti nell’eseguirli, tutti gli eventi da incubo che sono avvenuti, sottolineano, nel modo più violento, la natura anti-sociale dello Stato che, in un momento di grandissima crisi, quando migliaia di vite umane erano in pericolo, non mostrava alcuna attitudine a reagire, a far circolare le informazioni necessarie a tutelare le popolazioni minacciate, ad impegnarsi a fondo nelle operazioni di salvataggio. Al contrario, la sua inerzia ha aumentato il disorientamento, la compiacenza e l’indolenza dei dirigenti dell’area antistante a quella interessata dall’incendio, con conseguenze tragiche. E se questa tragedia non è stata ancora più grande, ciò lo si è dovuto all’auto-motivazione e alla solidarietà che si sono sviluppate tra le persone che hanno affrontato il fuoco, e fra i tanti che spontaneamente sono venuti in loro aiuto. Lo Stato, nelle sue rappresentanze istituzionali, è apparso, invece, fin dal primo momento, più un freddo osservatore esterno del dramma umano che si stava svolgendo, più interessato alla gestione del costo politico degli eventi, all’insabbiamento delle responsabilità e al controllo della rabbia sociale scatenata dalle macerie in fiamme e dalla morte, che non impegnato, e men che mai preparato, ad affrontare quella catastrofe, che i suoi dirigenti avrebbero ben potuto e dovuto prevedere e prevenire, essendo quella dei roghi dolosi una piaga ricorrente ed endemica, uno dei tanti effetti deflagranti del modello statuale e capitalistico di sviluppo oggi vigente.

Nel caso dell’Attica occidentale, l’incendio, che ha bruciato una grande area boschiva e molte case dell’insediamento di Kinetta e di quelli adiacenti, fortunatamente senza vittime umane, aveva cause abbastanza chiare. Il punto in cui esso è scoppiato, nelle montagne della Geraneia, delimita uno spazio destinato a diventare un sito minerario di bauxite gestito dalla Mutilinaios. Durante i mesi precedenti, la società mineraria anonima DELFOI – DISTOMON AME aveva chiesto una licenza per fare ricerche in un’area di 50.000 “stremme”1, nelle montagne della Geraneia, richiesta che è stata respinta dal consiglio locale per ragioni ambientali e sociali, una delle quali è la silvicoltura diffusa dell’area.

È una guerra senza tregua contro la natura e la società, parte essenziale del sistema politico ed economico vigente, non meno delle guerre dichiarate che devastano molte aree del mondo.

In questo contesto di feroce attacco di classe alla società e di cieco sfruttamento della natura, la distruzione provocata dagli incendi è il risultato delle politiche criminali dello stato e del capitale, del sistema sociale, politico ed economico ch, in nome dello “sviluppo” e del profitto, non esita a distruggere montagne, laghi e fiumi per trasformarli in aree industriali, a radere al suolo interi villaggi e diffondere il cancro tra le persone, per trasformare i villaggi in discariche, per saccheggiare l’ecosistema. Gli incendi sono, infatti, purtroppo, una pratica molto comune, che permette di disboscare, dislocare, devastare ambienti naturali e storici millenari, da sfruttare e capitalizzare in seguito, attraverso miniere, casinò, appartamenti e turismo. La fase di ristrutturazione del sistema politico ed economico, attualmente in corso in Grecia, è caratterizzata da un’aggressione senza precedenti contro la società e la natura, il cui elemento basilare risiede nella gigantesca operazione di vendita delle risorse naturali e delle aree verdi pubbliche al capitale privato, effettuata dallo Stato greco sotto la tutela di UE e BCE.

Allo stesso tempo, non solo in Grecia ma in tutto il mondo, la distruzione dell’ambiente e i drammatici cambiamenti climatici indicano il limite borderline raggiunto dal rapporto tra uomo e natura. Un rapporto basato sul dominio e sullo sfruttamento senza freni, che prefigura catastrofi e incidenti sempre peggiori nei prossimi anni, e conferma la bancarotta dell’intero sistema politico, sociale e culturale. Un altro esempio calzante di tale bancarotta è il caso della tragedia causata dall’uragano Katrina a New Orleans nel 2005, con oltre 1800 morti, per lo più persone di colore e povere – molte delle quali sono state uccise dalla polizia in operazioni militari finalizzate al controllo della città – e centinaia di migliaia di senzatetto, risultato dell’indifferenza e dell’ostilità dello Stato nei confronti di queste componenti della società. Come dichiarò cinicamente il deputato repubblicano Richard Baker: “Alla fine abbiamo risolto la piaga sociale della carenza di abitazioni a New Orleans. Noi non potevamo farlo, ma Dio lo ha fatto”. Lo Stato ha infatti sfruttato quella tragedia per operare lo spostamento definitivo della maggioranza dei cittadini poveri di colore, aprendo così nuove possibilità per lo sviluppo capitalistico, la ristrutturazione e trasformazione della città, basata sull’attività imprenditoriale e sulla redditività del capitale: “Credo che ora possiamo incominciare dall’inizio. Questa pagina bianca ci riserva grandi opportunità” ha dichiarato Joseph Canizaro, uno dei principali detentori degli appalti per la ricostruzione.

Allo stesso modo, , l’incendio che ha bruciato un’area di quasi 12.000 stremmas di foresta e insediamenti nella zona est dell’Attica, così come l’incendio nelle montagne Geraneia e nella Kinetta e molti altri casi come questi, sono per il sistema capitalistico di Stato “opportunità di sviluppo”.

In conclusione, le soluzioni a tutti questi gravissimi problemi, i modi per difendere la vita, l’umanità e la natura dalla pervasiva devastazione che il sistema capitalistico-statale sta loro infliggendo, e continua a presentare come conseguenze inevitabili del “progresso”, non possono essere trovarte, a nostro avviso, all’interno del sistema stesso. Va invece ricercato nella sua completa distruzione prima che esso distrugga tutto il resto. Le piccole ma preziose lotte, i momenti di resistenza che si verificano oggi (da Lefkimmi a Corfù, dall’Epiro e dalla penisola calcidica ad Agrafa e Acheloo) contro la distruzione totale che inquina la terra, l’aria e l’acqua, brucia le foreste primordiali e stermina la fauna selvatica, e a allo stesso tempo distrugge le comunità locali, sono baluardi per la prevenzione e il contrasto di questa opera di distruzione, e per la difesa di tutto ciò che può essere salvato: uomini, montagne, foreste, coste, fiumi, laghi, animali. Queste lotte devono diventare momenti di risveglio, inizi di un percorso che conduca d una critica profonda e consapevole della società statuale e capitalistica, e a un tentativo di superarla. È molto importante sostenere tutti coloro che ne hanno bisogno, praticare l’aiuto reciproco come il valore umano più significativo, e l’auto-organizzazione sociale come la via pratica maestra per un superamento dello Stato.

1 La stremma è una unità di misura in uso in Grecia, corrispondente a 1000 metri quadrati.
APO-IFA*
*organizzazione anarchica greca

Ringraziamo Andres per la traduzione.

 
fonte:

THE DESTRUCTIVE FIRES ARE A STATE AND CAPITALISTIC CRIME


THE DESTRUCTIVE FIRES ARE A STATE AND CAPITALISTIC CRIME
The events that we are watching the last days in Attiki are indeed shocking and they cause grief and rage to all people. The fires that broke out in many different places left behind a carnage of dead, thousands of burned decares of forest, while they tore down whole areas and settlements making the total cost of the environmental and social destruction immeasurable.
From the very first moment, the state and the media try to present the picture of a “national tragedy” that emerged from an “asymmetrical threat” which desires to destabilize the political and social life, by transforming at the same time this tragedy into a field of petty-political juxtapositions between the government and the opposition, based on the managerial issues. The crocodile tears cannot, in any case, cover up the criminal responsibilities of the state mechanism and its anti-social role. Just like in the case of the destructive floods in Mandra, and ten years before, in the murderous fires in Elia and Euboea.
The state for many decades destroyed every form of social self-organization against the elements of nature and generally. After that, it replaced it by expressing its inability, weakness or even its reluctance, because of its interests, to confront the consequences of its very nature, its structure and its orientation-, to confront the consequences of these destructions, natural or man-made, leaving the society vulnerable to their harsh repercussions. And at the same time when the continuous under-financing of works of social concern (fire-preventing, flood preventing, antiseismic work) in combination with the wastefulness of expenses on the GNP in military equipment, it can be characterized only as outrageous, especially in a country that has been affected many times and the threat and dangerousness are real and known.
The tragic events that shock us and fill us with grief but also rage are not unfortunate incidents or excesses of the system, but inescapable and more and more increasing consequences that are brought upon the natural world and the society by the big and small interests which derives from the system itself and of course they support it. More specifically the area of West Attiki has become for more than thirthy years a field of relentless speculative exploitation, because of the suffocating pressure for the continuous expansion of Athens that is promoted by the central state policies and the capital. Moreover, as a priviledged residential environment for the middle and upper classes and a profitable field for the development of tourist industry, it consists an “Eldorado” of the constructional, real estate and business capital.
So, it is no accident the hundreds of fires that have been broken out the last thirty years throughout Penteli and Ymittos, in the foothills of the mountains and the adjacent coastal areas, that have transformed huge forests into nothing in order to achieve their goals; to disafforest whole areas and transform them into spaces of various uses and development of all kinds of entrepreneurships and to include them gradually in the city planning. Under these circumstances the tragic events οf Monday 23 July 2018 could have happened in many other cases and it is possible that they will be repeated in the future. This murderous fire was nothing more than one more of the hundreds that have broken out in the area, which this time rose out of control in a densely populated forest area.
It is important to note here that the fire which broke out, despite the growth rate because of the strong west wind that blew in the area, is in no case an “assymetrical threat” as the prime minister declared with no shame, in order to justify the size of the human tragedy, imitating the ridiculous declaration of Polydoras in 2007 which spoke of “a general wind”. And that’s why the direction of the wind was stable and the one of the fires was predictable and the area that was burned more or less limited.
The fire started in the foothills of Penteli in an area of low vegetation as it has been burned again in the recent past, it went east in a forest area, burning the biggest part of the settlement N.Voutzas, leaving behind dead people and it went on to a dense forest area towards Mati and the beach. The only firewall in this route, where the ground means of fire fighting could intervene to halt the advancing of fire is the Marathonas Avenue. It was sure, from the very first moment of the fire that if it couldn’t be stopped in Marathonas Avenue, either because of the weakness of the state fire-fighting mechanism or because of extreme weather conditions, then it would continue in an inhabited forest area with many visitors, threatening thousands of human lives. That’s why it is inconceivable the fact that while from the early afternoon it was known to the state cells that the fire is developing in inhabited areas and that there is no way to halt its advance, as it didn’t attempt with fire-fighting means, the state cells didn’t make any attempt to evacuate the settlement Mati or to inform its residents, even at the very last moment, about what would happen. In addition, no attempt was made by the state mechanisms for an immediate mobilization of the waterborne transport in order to rescue hundreds of people who were driven to the sea to survive the fire. This only happened some hours later, when many people have lost their lives.
The various individual elements that completed the tragedy like the structure, the lack of planning fire-safety in an inhabited area and planning of evacuation and rescue, the false managing of the circulation, the lack of forest protection etc that have seen publicity prove the inability and irresponsibility of the state mechanisms, the criminal coverage that provide to the small or big private interests and their entanglement with them. However, despite all the failed plans of “emergency” of the state cells and the failure to execute them, the nightmarish events as they were occurred and described above, they point out in the most violent and profound way the deep anti-social nature of the state which in a moment of big social crisis, when thousands of human lives were in danger, it didn’t show any reflective ability and attitude to react for the information and rescue of so many people. On the contrary, its inertia increased the disorientation, the complacency and the inactivation of the residents and the visitors of the area in front of the facing destruction, with tragic consequences. And if this tragedy wasn’t bigger this is because of the self-motivation and the solidarity that were developed between the people who faced the fire and all those who came to help. The state was from the very first moment a cold, exterior observer of the human drama, oriented to the handling of the political cost of the events, the cover-up and permutation of responsibilities and the control of the rampant social rage for the burning rubble and the death that the state-capitalistic conflagration of development leaves behind.
In the case of West Attiki, the fire that broke out in 23/7, burning down a big forest area and many houses of the settlement of Kinetta and the adjacent settlements, luckily without any human victims, had profound causes. The spot that the fire broke out in Geraneia Mountains and the space that was cremated, is the space that is planned to become into a mining site of bauxite by the association of Mutilinaios. The previous months, the Anonymous Mining Company DELFOI – DISTOMON A.M.E. had applied for a license to do research in an area of 50,000 stremmas in the Geraneia Mountains, which was rejected by the local council for environmental and social reasons, one of them being the forestry character of the area.
It is a war against nature and society, which is an essential part of the system, as the war that ravages many areas in the world.
In an setting of fierce class exploitation and attack in the society and the nature, the destruction by fires is a result of the criminal policies of the state and the capital, a result of the nature – a murderous one for people and a destructive one for the natural world – of the social, political and economic system which in the name of “development” and profit does not hesitate to destroy mountains, lakes and rivers to transform them into industrial areas, to sink whole villages and diffuse cancer to the people, to make settlements into waste dumps, to plunder the ecosystem. In this strategy, the fires are a very common practice for the disdain and the destruction of the natural environment to exploit and capitalize it later, through mining, casino, apartments and tourism… We should mention that today the restructuring of the political,economical system is chatacterized byan unprecedented aggression against the society and the nature, a basic element of which is the gigantic operation of selling out the public natural resources and areas to the private capital that is carried out by the Greek state under the guardianship of E.U. and ECB.
At the same time, worldwide the environmental destruction and the dramatic climate changes point out the borderline place that the relationship between humans and nature has reached, a relationship based on dominance and exploitation, foreshadowing the even worse incidents in the coming years and also confirming the total bankruptcy of the whole political, social and cultural system that is found on the social-class competition and aggression against nature and societies. A very characteristic example is the case of the tragedy that was caused by the hurricane Katrina in N. Orleans in 2005, with more than 1800 dead people, mostly poor colored people – many of whom were murdered by the police and military operations for controlling the city – and hundreds of thousands homeless people as a result of the state indifference and hostility towards them. As the Republican parliamentarian Richard Baker declared then in a cynical way; “We finally untangled with the issue of social housing in N. Orleans. We couldn’t do it, but God did it.” So, the state made good use of this destruction for the final displacement of the largest number of the poor colored people of the city and it was a chance for the capitalistic development, the restructuring and transformation of the city, based on business activity and the profitability of the capital. ‘’I believe that now, we can start from the beginning. This blank page reserves us great opportunities” Joseph Canizaro, major contractor. In the same way, for the state-capitalistic system, the fire that burned an area of almost 12,000 stremmas of forest and settlements East Attiki, as well as the fire in Geraneia Mountains and in Kinetta and many more cases like these, are “opportunities” of exploitation, “utilization” and development of business activity.
In conclusion, the solutions for the defense of life, humanity and nature by the threatening devastation and the various ways of destruction and death that the state-capitalistic system has to offer and seem as inevitable consequences of “progress” are not to be found in the system but in its complete destruction before it entrains and ruins everything. The small but valuable struggles and resistances that occur today (from Lefkimmi in Corfu, Epirus and NE Chalkidiki to Agrafa and Acheloos) against the total destruction that pollutes the earth, the air and the water, burns the primaeval forests and disappears wildlife, while at the same time destroys the local societies, are bulwarks for prevention and the delay of this destruction and for the defense of all those that can be saved, such as mountains, forests, coasts, rivers, lakes, animals and birds. However, these struggles must also become points of a rupturive awakening and fields of deeper and conscious radical criticism and fight against the state and capitalism that sweep the human societies and the natural world.
It is also very important to support all those in need and the emerge of mutual aid as the most significant human value, the social self-organization as a practice that overcome the state, the antisocial institutions and hypocritical behavior of all kinds of political players
 

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